In tema di contratto di mutuo, il riferimento contenuto nell’art. 1, comma 1, d.l. n. 394/2000, agli interessi «a qualunque titolo convenuti» rende plausibile – senza necessità di specifica motivazione – l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 350/2013.
Con la recente sentenza della Cassazione viene sancito che per calcolare se il tasso praticato dalla banca sul mutuo ipotecario è usurario si devono considerare anche gli interessi di mora praticati.
Nel caso il cliente sia in ritardo nel pagamento della rata del mutuo, se la banca prevede l’applicazione di ulteriori interessi (i cosiddetti interessi di mora), questi ultimi devono essere considerati e confrontati con la soglia dell’usura, il mutuo può essere annullato dal giudice.
Secondo infatti la recente sentenza della Cassazione [1], per determinare se un tasso è usurario o meno, bisogna considerare tutti gli interessi richiesti dalla banca, a qualunque titolo convenuti: quindi anche quelli che scattano nel caso di mora.
Infatti, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono concordati tra le parti (con la sottoscrizione del contratto di mutuo), e dunque anche a titolo di interessi moratori.
Si noti, infine, che in caso di usurarietà sopravvenuta (superamento del tasso soglia in un momento successivo alla stipula del contratto) si ha comunque la riduzione degli interessi entro il limite del tasso soglia usurario. Ciò in quanto, seppure la legge 108/1996 non può operare, per il generale principio dell’irretroattività della legge, rispetto ai contratti stipulati anteriormente alla sua entrata in vigore, resta però valido il principio, affermato dalla giurisprudenza [2], per il quale un contratto di durata valido non può comunque generare nel corso del suo svolgimento effetti che siano vietati da una norma imperativa.
ALLEGATO:
Scarica sentenza Cassazione Civile, sentenza n. 350/2013.
[1] Cass. sent. n. 350/2013 del 9.01.2013.
[2] Cfr. Cass. Civ. III 2/2/2000 n.1126; Cass. Civ. I 2/4/2000 n.5286; Cass. Civ. I 17/11/2000 n.14899.
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